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Ho voluto leggere questo libro perché io adoro le poesie di Neruda... in realtà non me ne intendo molto di questo genere, ma lui è sicuramente il mio poeta preferito.
Inoltre, negli anni "Il postino di Neruda" è stato un titolo che mi è sempre sfilato sotto il naso, per un motivo o per l'altro.... qualche giorno fa, mentre mettevo a posto i libri in biblioteca, ecco che me lo ritrovo fra le mani e mi sono decisa a leggerlo.
Ci sono cose positive e cose negative da dire...
E' sicuramente un romanzo poetico, scritto con uno stile molto particolare, che all'inizio può anche risultare faticoso per il lettore. Ma Skármeta ha talento e, non appena ci si abitua alla sua scrittura, ci si fa trasportare dalle parole, che davvero talvolta ricordano le poesie di Neruda.
Ciononostante il linguaggio usato dall'autore non è semplicissimo, quindi é consigliabile non lasciarsi sfuggire nemmeno un passaggio o si rischia di "perdere dei pezzi per strada".
Questo romanzo, secondo me, può essere apprezzato soprattutto dagli amanti della poesia, i quali sicuramente ameranno le descrizioni della terra cilena che si perdono in una danza di parole.
Mi sono fatta intenerire dall'autentica ammirazione che Mario prova per Neruda, una devozione che all'inizio lo spinge a scocciare il poeta, ormai intorpidito dagli anni, con domande, curiosità e richieste. Ma Neruda a poco a poco inizia a nutrire simpatia e affetto per quel giovane postino strampalato e sognatore.
Skármeta ci descrive due personaggi uno l'opposto dell'altro: da una parte abbiamo Pablo Neruda, Premio Nobel per la letteratura nel 1971, poeta, politico e diplomatico, ad un passo dalla presidenza del Cile; dall'altra parte c'è Mario, sempliciotto e squattrinato ma estremamente leale.
L'autore lascia passare un messaggio molto bello: due persone tanto diverse possono creare un legame fortissimo, tanto solido da durare negli anni.
Il poeta sarà sempre presente nei momenti più importanti della vita dell'amico e Mario sosterrà ogni passo di Neruda, catturando per lui in un registratore i rumori della sua bella terra, assistendolo anche nel momento della dipartita.
Ho trovato simpatiche le schermaglie di parole tra Neruda, pur sempre un gran signore, e la vedova Gonzàlez, suocera di Mario, pungente e impicciona ma sostanzialmente una brava donna.
Pur apprezzando tutto ciò, questo romanzo non ha saputo conquistarmi veramente.
Alcune situazioni potevano essere più approfondite, mentre per altre le parole si sprecano... in più di un'occasione mi sono sentita disorientata durante la lettura.
Nutrivo buone aspettative per la figura di Neruda, speravo davvero di affezionarmi a lui come sono affezionata alle sue poesie, invece l'ho trovato poco marcato. Il vate (come lo chiama Skármeta) si sarebbe meritato certamente qualcosa in più.
Sostanzialmente non so dire fino in fondo se questo libro mi sia piaciuto oppure no, devo ancora capirlo.
"Il postino di Neruda" resta comunque una bella storia d'autentica amicizia, in cui l'autore mescola storia e poesia... in ogni caso sono contenta di averlo letto e di certo non posso sconsigliarlo!
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Siamo nel 2012, sulla Terra incombe la profezia Maya che annuncia la fine di un'era.
Ma il destino degli uomini viene controllato da questi esseri praticamente perfetti dotati di poteri eccezionali, i Luminosi, appartenenti ad un altro mondo: la terra di Aurora.
Jude e Danielle però non sono due Luminosi come tutti gli altri, perché per metà sono umani e si ritroveranno inevitabilmente a dover fare i conti con le loro debolezze umane.
I due perseguono lo stesso obbiettivo: rintracciare il codice Villanon in cui è celato l'arcano della salvezza della Terra.
Una continua competizione tra fratelli che coinvolgerà altri personaggi, tra cui Viola, giovane studentessa di archeologia che forse riuscirà a scalfire la corazza di Jude, il quale alla fine sarà portato a fare una scelta determinante.
Questo romanzo è come un mosaico sapientemente congegnato. Capitolo dopo capitolo tutti i tasselli vengono posizionati esattamente nel posto giusto, ma questo purtroppo rende meno spontanea la narrazione. Ci sono troppe fatali coincidenze che forzano l'intreccio, facendolo risultare eccessivamente architettato.
Nonostante ciò, è una storia che ha stuzzicato la mia curiosità fino all'ultima pagina, grazie ad elementi innovativi che ho molto apprezzato, come: l'archeologia, qualche piccolo accenno allo sciamanesimo, la civiltà Maya con i sui misteri e le sue leggende.
Sono sicuramente tutte qualità nuove rispetto agli altri romanzi urban fantasy divulgati negli ultimi tempi.
"La Discesa dei Luminosi" è come un puzzle che ricorda le avventure del brillante professore Indiana Jones, personaggio cinematografico ideato da George Lucas...
Ahimè i personaggi di questo romanzo non sono altrettanto convincenti. Proprio come l'intreccio, anche loro sembrano troppo costruiti.
Il finale è totalmente aperto, fa presagire un seguito della storia che secondo me potrebbe avere del potenziale, se la narrazione guadagnasse un po' di naturalezza e i personaggi un po' più di anima.
Romanzo consigliato a chi preferisce una lettura poco impegnativa ma gradevole.
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Quando penso a come descrivere i libri di Baricco mi vengono in mente le piume bianche, leggere e impalpabili, il rumore struggente del mare, un volo d’uccello nel cielo blu, la morbidezza e il calore del velluto, una lacrima solitaria che scivola sulla guancia, la freschezza e l’odore della pioggia.
Penso al cristallo e alla neve che si scioglie appena si posa sul palmo della mano, il suono di un campanellino nel vento, poche note di un pianoforte che riecheggiano in una stanza, una lettera stropicciata, il profumo di una rosa, un foulard di seta trasportato via dalla brezza della sera….un sorriso malinconico.
Chi ha letto le storie di Baricco mi può capire… perché non si possono raccontare, bisogna viverle dentro, bisogna farle proprie… sono storie che ti accarezzano. Sono impalpabili come l’aria e sottili come un filo d’erba, ma ti pizzicano l’anima.
Come potrei descrivere “Seta”? Vediamo…
"Seta" racconta la storia di tre tipi d’amore.
Hélène, che per Hervé è voglia di casa, è il suo attimo di serenità, è la voce più bella del mondo, di tanto in tanto è anche malinconia.
Poi c’è lei, all’altro capo del mondo, dopo il mare e dopo le montagne: “I suoi occhi non avevano un taglio orientale, e il suo volto era il volto di una ragazzina”. Hervé non conosce nulla di lei, non sa il suo nome, non ha mai sentito nemmeno il suono della sua voce… ma questa donna gli ha rubato l’anima. Lei è indefinita, è inconsistente, è delicata… lei è seta.
All’altro capo del mondo Hervé pensa a lei… e lei pensa a lui, silenziosamente.
Hervé la desidera, vuole fare l’amore con quella seta inafferrabile, vuole morire e rinascere dentro a quegli occhi. Vuole piangere di disperazione per lei. Hervé vuole quell’amore che non potrà mai avere.
Invece a Lavilledieu c’è Hélène, che aspetta Hervé, sempre innamorata, sempre e solo sua.
L’amore di Hélène è quello che ti annienta, che ti rende invisibile pur di stargli accanto… Hélène è disposta a diventare qualcun’altra pur di amarlo, pur di regalargli un istante di felicità e di speranza. Quello di Hélène è un amore che sopporta tutto il peso del mondo.
“Seta” è una storia che è entrata nella mia vita in punta di piedi.
Baricco è e rimane, per me, un abile ammaliatore che ci regala immagini, ci regala frammenti di vite, ci regala sensazioni… è un tessitore di anime.
Impossibile non emozionarsi…
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Tutti noi siamo abituati a pensare ad Avalon come all’isola leggendaria legata al mito di Re Artù. La varia letteratura fantastica si è da sempre sbizzarrita nel narrare di questa isola... basti pensare al “Ciclo di Avalon”, scritto da Marion Zimmer Bradley.
Adesso è giunto il turno di Jenna Black, che spoglia Avalon della sua veste di nebbia e leggenda, per proiettarla nel mondo reale e attuale.
Ne “Lo specchio delle fate”, infatti, Avalon è una città dove esseri fatati e umani convivono quasi pacificamente… l’unico luogo dove la magia incontra la tecnologia del mondo moderno. In questa Avalon ci sono perfino delle grandi catene multinazionali, come Starbucks!
Si può quindi considerare una città moderna a tutti gli effetti e, anche se questo le fa perdere un po’ di quell’aura incantata tipica della leggenda, l’ho trovato abbastanza originale!
Dana, la protagonista, mi è piaciuta, è convincente. E' una ragazza di sedici anni con annessi e connessi, con le sue fragilità e insicurezze, ma è anche caparbia e coraggiosa... maturata troppo in fretta a causa dell'alcolismo della madre. E' un po' troppo incline a prendersi una cotta al primo sguardo languido, ma anche questo fa parte della sua giovane età.
Sono curiosa di veder maturare Dana nei prossimi libri (dato che questo è il primo capitolo di una trilogia) e di scoprire quanto possano essere potenti i suoi poteri.
In questo primo romanzo lei è ancora un tenero bruco chiuso nel suo bozzolo, ma una forza magica potentissima si agita dentro di lei, qualcosa di cui non è ancora consapevole.
Come in ogni romanzo di genere Young Adults, anche qui c'è l'implicazione amorosa da parte della protagonista, però per fortuna non è il punto focale della storia.
Il padre di Dana mi ha incuriosita particolarmente: un uomo molto sicuro di sé, decisamente presuntuoso, ma con la figlia è totalmente disponibile, le vuole bene e il suo scopo è quello ti proteggerla, almeno apparentemente. Sembra sincero e onesto nei suoi confronti, ma fino a che punto? E' un personaggio ambiguo e sicuramente anche lui ha uno scopo da raggiungere, come tutti gli altri personaggi.
Il libro è scritto con mano sicura, ma con quello spirito fresco e molto spontaneo tipico degli anni dell’adolescenza; questo l'ho trovato appropriato dato che la storia è narrata in prima persona da Dana.
Il ritmo è incalzante...un romanzo che si legge molto velocemente, proprio perché la scrittura è sciolta e la storia appassionante.
Quando alla fine ho chiuso il libro avrei voluto avere già il secondo a portata di mano, per scoprire come continua la storia! Anche perché il finale non è aperto...è apertissimo, spalancato!
Sono pienamente d'accordo con coloro che hanno notato che non mancano i soliti cliché, tipici di questo genere di libri: la ragazzina con un problema esistenziale alle spalle, il ragazzo "bello e dannato" (anzi, qui ce ne sono due), i dissidi con i genitori, un misterioso destino che la ragazza dovrà affrontare.
E' anche vero però che è un libro facente parte del genere Young Adults, e per questa ragione gli ingredienti base ci sono tutti... un po’ come in un thriller ci aspettiamo di trovare la vittima, l'investigatore e il killer.
"Lo specchio delle fate" non si distingue per originalità, però l'ho trovato avvincente. Un libro adatto da intervallare a letture più impegnative.
Consigliato? Ma si dai! Soprattutto ad un pubblico giovane.
Purtroppo devo ammettere che questo libro non mi è piacendo molto.
Fin dalle prime pagine il confronto con la saga di Harry Potter per me è stato inevitabile. Ho letto i romanzi scritti dalla Rowling e ho avuto l'impressione che in Enelsin Artigton e la Petra Regia l'autrice abbia emulato stile e contenuti di questo grande fenomeno letterario.
Ma la mia critica non va tanto alla forma, che è fresca, carina e divertente, quanto al contenuto vero e proprio: ho trovato troppi punti in comune con la storia di Harry Potter e questo mi ha tolto un po’ la soddisfazione di gustarmi il romanzo (i fan del maghetto più famoso del mondo mi capiranno!).
Le analogie vanno dalle più marginali a quelle sostanziali: quadri mutaforma, civette e gufi addetti alla posta, stazioni magiche, piante che chiacchierano, tutta una serie di arnesi e suppellettili incantati che equipaggiano questo mondo stregato abitato dai maghi e un'Accademia delle Scienze Magiche. Tra le altre cose, la storia di svolge nei pressi di Londra, proprio come per Harry Potter.
C'è anche un mago spietato dalle fattezze quasi irriconoscibili, Perfidus, un concentrato di morte e male assoluto, un corpo ormai deformato dalla magia malvagia. Un essere immondo temuto da tutti i maghi, che ha un disperato bisogno della Petra Regia per poter sopravvivere, dato che il Male lo sta consumando.
Mi è subito parso naturale il confronto tra la Petra Regia, cristallo fonte della magia, e la Pietra Filosofale potteriana, come anche l'eccessiva somiglianza tra Perfidus e Voldemort.
Continuando con la lettura scopriamo anche l'esistenza di Salumè, una salamandra magica dagli occhi malevoli, il malvagio famiglio di Perfidus... ruolo molto vicino a quello di Nagini, il serpente da compagnia di Lord Voldemort.
Al centro di tutto vi è la lotta fra la magia buona e la magia cattiva, una lotta per il potere che costerà molte vite: infatti i seguaci di Perfidus reclutano tutti i maghi che si fanno corrompere dal potere del Male, mentre coloro che non si piegano a questa forza oscura vengono torturati e uccisi.
Il destino del mondo della magia è tutto nella mani di un Prescelto, Adrian, che secondo un'antica profezia lui solo potrà evitare che il mondo venga stravolto dalla magia cattiva.
Se ad un certo punto fosse spuntato fuori un ragazzino con tunica nera, occhialetti tondi e una civetta sulla spalla... non mi sarei affatto stupita!
Credo che si riveli un'arma a doppio taglio accostare così tanto un romanzo ad un mostro sacro della letteratura dedicata al wizarding world.
Non credo che l'autrice abbia scritto in mala fede, perché si avverte la passione e l'impegno con cui ha condito le pagine diEnelsin Artigton e la Petra Regia... ma forse si è fatta trasportare un po' troppo dall'entusiasmo per il mondo della magia di Harry Potter.
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Tea Reali coltiva il sogno di diventare scrittrice e proprio per inseguire questo sogno, un giorno si reca in quella che lei crede essere la sede di una casa editrice. Viene accolta da un uomo davvero inquietante dai modi ambigui: Wizard.
Tea non poteva immaginare che entrando in quell'edificio fatiscente sarebbe stata catapultata in un mondo che non avrebbe mai creduto possibile: Buchenland!
Il suo primo approccio avviene con Adelindo e Marvin, due troll un po’ goffi ma di animo buono e generoso.
Dopo un'iniziale giustificato sgomento, Tea comprende che i troll sono un popolo pacifico ed innocuo, ma una tremenda maledizione incombe nel fantastico regno di Buchenland: da trecento anni Morten il Nefasto, un terribile demone, ha imposto il suo dominio detronizzando la regina Wakandha e condannando il regno a vivere quasi senza magia e nella totale ignoranza.
Secondo un'antica leggenda esiste una possibilità di salvezza per gli abitanti di Buchenland: solo un'umana giunta per caso potrà liberare la regina dal suo sonno e riportare così la libertà e la felicità!
Tea scopre così di essere la prescelta, l'unica a poter risollevare le sorti del regno.
In questa impresa verrà affiancata dal troll Adelindo, con il quale nascerà una sincera e fraterna amicizia e la loro missione sarà continuamente minacciata dal ripugnante stregone Wizard, crudele emissario di Morten.
Ma Tea e Adelindo non dovranno affrontare tutto da soli, perché troveranno lungo la strada dei grandi compagni d'avventura: il popolo degli gnomi, il centauro Igor con il suo amico lepronte Martin, la squinternata maga Soraya, e molte altre creature magiche!
Finalmente posso dire di aver letto un romanzo Fantasy vecchio stile!
Questo libro è una bellissima favola, di quelle che si possono leggere anche ai bambini prima di dormire, ma adattissima agli adulti che amano perdersi in mondi fantastici. Una fiaba dove possiamo trovare tutti gli ingredienti necessari: avventura, coraggio, amicizia, magia e amore...davvero, non manca nulla!
Quando ho finito di leggere questo libro e l'ho chiuso, ho provato un forte senso di nostalgia per i suoi buffi personaggi, che mi hanno tenuto compagnia in questi giorni.
Non mi capita spesso di affezionarmi così tanto ad una storia!
"Il mistero dei libri perduti" si è sicuramente guadagnato un posto nella mia libreria vicino a "Stardust" di Neil Gaiman, e "La storia infinita" di Michael Ende.
E' un libro scritto benissimo, le parole scivolano via come un ruscello in mezzo al bosco!
Miriam Mastrovito è riuscita a trasportarmi veramente nel magico mondo di Buchenland...mi ha fatto incontrare personaggi simpatici e divertenti; ognuno con una particolare personalità che me li ha fatti percepire come reali, come se fossero stati accanto a me per tutto il tempo...o meglio, come se io fossi stata lì con loro!
Credo che questa sia la vera magia contenuta in un libro!
In alcune parti mi ha fatto ridere, grazie agli strafalcioni di Adelindo, e l'amicizia tra Tea e il troll mi ha fatto commuovere.
Un libro che consiglio di cuore a chi, come me, piace farsi trasportare in mondi magici e fantastici, pieni di avventura!